Perchè la maggioranza ha sempre torto

Cake Majority Wrong

Qualche tempo fa ho recuperato un simpatico video della conferenza TEDx di Maastricht di diversi anni fa in cui un fantastico Paul Rulkens, raccontava alcuni dei sistemi da applicare per raggiungere grandi obiettivi nel modo più facile, veloce ed elegante possibile.

Ovviamente il talk mi ha affascinato e mi sono documentato con un paio di libri sull’argomento e devo dire che sono saltati fuori alcuni interessanti spunti di riflessione che vorrei snocciolarvi di seguito.

Viviamo in un mondo in cui le domande che ci poniamo, sulla vita, sul futuro, sul lavoro sono sempre le stesse ed anche gli obiettivi che speriamo di raggiungere, nonostante qualche piccolo adeguamento dettato dallo scorrere del tempo e dal progresso tecnologico, sono bene o male sempre gli stessi.

Il paradigma del benessere oggi giorno è ben radicato nella cultura e proprio per questo motivo possiamo notare che moltissime imprese, moltissimi manager e soprattutto milioni di persone operano tutti i giorni nelle proprie vite per portare lo stesso livello di benessere presente nella vita di chi li circonda. Non parlo solamente di benessere a livello di indipendenza economica, ma di uno stereotipo di ricchezza apparente che specialmente nelle fasce più deboli della popolazione porta a vivere sopra le proprie possibilità, di fatto costringendo ad una continua rincorsa al benessere così come viene definito da altri.

Detto questo, il messaggio chiave del talk consiste nel riscrivere la propria idea di benessere, slegandola dalla “visione comune” e mirando ad ottenere ciò che realmente ci porta giovamento.

Com’è possibile riuscire a definire nuovi parametri per il nostro benessere personale? Per rispondere a questa domanda, citerò la definizione di follia dettata da Vaas Montenegro, personaggio antagonista nel videogioco Far Cry 3: follia è fare e rifare la stessa cosa sperando che qualcosa cambi.

Ecco, se vogliamo cambiare qualcosa nella nostra vita, dobbiamo iniziare a cambiare quello che facciamo e come lo facciamo. Non è sufficiente fare molte più volte o molte meno volte le stesse cose che tutti i giorni compongono la nostra routine, bisogna rompere lo schema, uscire dal seminato e tentare cose mai fatte.

Ovviamente, il tema trattato in questo modo sembra perdersi nei meandri della psicanalisi e della filosofia, ma se quello che ci interessa è migliorare la nostra vita e non fondare una nuova religione, allora il meccanismo deve esserci chiaro.

Solitamente, di fronte ad una sconfitta, ad esempio un esame fallito all’università, la soluzione che ci viene in mente è fare molto di più di quando facevamo prima: se prima studiavo due ore al giorno e non ho passato l’esame, ora riproviamo con tre ore al giorno.

Esempio simile, ma per certi versi opposto lo possiamo avere ad esempio con le diete: ho mangiato due pasti al giorno per un mese ed ho perso solo un kilo, allora per un mese mangio solo un pasto al giorno.

Per risolvere problemi come questi, i sistemi indicati saranno quelli operati dalla maggioranza, e con ottime probabilità per la maggioranza funzioneranno e porteranno a passare l’esame all’università o a perdere peso.

Ma se volessimo ottenere risultati eccezionali? Se volessimo distinguere i nostri risultati da quelli della maggioranza? Non possiamo decidere di studiare venti ore al giorno o di non mangiare alcun pasto perchè il limite della sopportazione del nostro corpo ci stenderebbe prima ancora di poter ottenere il nostro obiettivo.

In questi, come in tanti altri problemi della nostra vita quotidiana, se vogliamo distinguerci dobbiamo lavorare fuori dagli schemi, fuori dai limiti di una scatola, non dobbiamo fare di più o meno delle stesse cose, ma dobbiamo imporci di fare cose diverse.

Quali sono i limiti della scatola? Limite legale, limite tecnologico, limite fisico e limite morale.
Il limite legale ci impone di trovare soldi per la nostra nuova startup lavorando onestamente e non rubando dal portafoglio delle vecchiettine a Messa; il limite tecnologico ci impone di non immaginare un’azienda in cui i dipendenti lavorano passandosi le pratiche con l’utilizzo di reti neurali che li collegano creando il cervello dell’azienda; il limite fisico ci impone di non creare un materiale che permetta ai veicoli di viaggiare in assenza di attrito su ogni tipo di terreno; il limite morale ci impone di non applicare il prestito ad usura come fonte di reddito per mantenere la nostra famiglia.

Crediamo che la scatola in cui ci muoviamo sia molto grande, ma la realtà è che questa scatola è davvero limitata e minuscola, al punto tale che la maggioranza delle persone daranno la stessa risposta allo stesso problema.

Per chiarire meglio, vi porto un semplice esempio concreto.
Quanti di fronte ad una proposta semplice come “Cosa mangiamo stasera di diverso?” risponderebbero con “Pizza?”, “Ristorante?”, “Cucino una bella pasta?”? Quanti invece risponderanno “Andiamo a recuperare carcasse di animale in autostrada”? Lo so, è un esempio sconvolgente, fuori di testa, folle addirittura, ma se ci ricollegassimo alla definizione di follia sopra riportata, ci accorgeremmo che folli in realtà sono le risposte che tutti noi abbiamo dentro e che continuiamo a ripetere sperando che qualcosa di eccezionale ci capiti e migliori le nostre vite.

Il 97% delle persone agirà sempre secondo i canoni che siamo abituati a conoscere, mentre solamente il 3% troverà soluzioni alternative, proposte innovative ed in grado di modificare realmente le nostre vite.

Se a questo dato aggiungiamo il fatto che per il 95% della nostra vita agiamo con il pilota automatico, ovvero senza pensare realmente e senza fermarci a riflettere su quanto facciamo ogni giorno, la soluzione diventa davvero semplice : aumentiamo il tempo che dedichiamo a pensare ed impariamo a pensare fuori dagli schemi per entrare a far parte del 3% di persone eccezionali che decidono ed inventano, oppure continuiamo ad essere il 97% di persone che lavorano per loro.

Fonti:
The Power of Preeminence – Paul Rulkens
How Successful Engineer Become Great Business Leaders – Paul Rulkens