Trust, Offshore e Tax Haven: il Secondo Impero Britannico

Il trust e le sue conseguenze

Da amante della storia, non posso fare altro che iniziare questo articolo alla scoperta del trust e delle sue implicazioni con un rapido cenno al panorama politico economico in cui tutto ha avuto inizio.

Sul cadere dell’Impero Britannico, banchieri, contabili ed avvocati della City di Londra si adoperarono per istituire una rete di giurisdizioni segrete offshore per convogliare a Londra le ricchezze da ogni parte del mondo.

Quando l’Impero più esteso al mondo, dopo 300 anni di dominio, iniziò a sfaldarsi, e quando l’uso della forza non poté impedire alle colonie di guadagnarsi l’indipendenza, le élite britanniche videro scomparire rapidamente le loro ricchezze ed i privilegi, queste cercarono un nuovo ruolo nel modo in mutamento: la finanza.
Con una lenta ed inesorabile metamorfosi, la Gran Bretagna passò così da potenza coloniale a potenza economica e finanziaria.

L’Impero Britannico alla sua massima espansione – Concessione: Wikipedia Commons

ATTO I: L’IMPERO MORENTE

Fin dalle origini, la City di Londra era il cuore finanziario dell’Impero.
La sterlina veniva utilizzata in tutti i paesi dell’Impero Britannico ed era la City a regolarne i flussi dentro e fuori dal dominio inglese.

Quando nel 1956 l’Egitto nazionalizzò il Canale di Suez scatenando la reazione di Inghilterra e Francia, gli Stati Uniti si schierarono fermamente contro l’invasione del paese africano chiedendo il ritiro delle truppe e di discutere la questione alle Nazioni Unite. Questo comportò molto imbarazzo per la Corona, sancendo ufficialmente la fine del ruolo di Super Potenza Mondiale della Gran Bretagna.

La svalutazione della sterlina che ne seguì, comportò uno stop agli investimenti esteri nel mercato bancario inglese e per sopravvivere a questo problema, le banche locali trattarono con la Bank of England per raggiungere un accordo: se le banche intermediavano tra due soggetti non residenti ed in una valuta straniera (per esempio dollari), questa transazione non sarebbe stata considerata sotto la giurisdizione della Banca di Inghilterra.

Anche se non fu mai messo per iscritto, questo accordo determinò la nascita del mercato londinese dell’Euro-Dollaro, rappresentando di fatto per le banche una contabilità completamente separata. La Bank of England, consapevole che questa misura avrebbe dato respiro alle banche, dichiarò che i conti dell’Euro-mercato non fossero a Londra, ma altrove, e di conseguenza non aveva responsabilità di regolazione su di essi.

Grazie a questa decisione, perfino le banche U.S.A. spostarono le proprie attività nella City per poter eludere le regolamentazioni del mercato. Londra iniziò così a realizzare il suo impero finanziario grazie ai Territori d’Oltremare, ultimi residui dell’Impero Coloniale Britannico.

I Territori d’Oltremare – Concessione: Wikipedia Commons

ATTO II: LA RINASCITA DELLA CITY

Negli anni ’60, avvocati e commercialisti partirono da Londra per predisporre leggi e regolamenti sul segreto finanziario alle Cayman, alle Bermuda, alle Isole Vergini Britanniche ed in altri territori ancora legati alla Corona, realizzando di fatto giurisdizioni segrete grazie alle quali era possibile erogare servizi finanziari ai non residenti e trasferire capitali dal Regno Unito al di fuori dell’area sterlina.

Il sistema del mercato Euro-Dollaro crebbe a dismisura fino ad inglobare il 90% di tutti i prestiti internazionali erogati nel 1997. La City di Londra sopravvisse alla caduta dell’Impero Britannico, uscendone perfino rafforzata.

La City divenne un’entità separata da Londra, con proprie forze di polizia, proprio sindaco (Lord Major), una propria corporazione privata che svolge le funzioni di municipio locale ed un rappresentante permanente nella Camera dei Comuni nominato direttamente dalle corporazioni della City.
Lo status della City di Londra risale al 1066, quando Guglielmo il Conquistatore non riuscì a conquistare questa piccola porzione della città, pertanto nel 1067 stipulò un contratto che permise alla City di mantenere la propria indipendenza.

Negli anni, furono differenziate le regole e le leggi che governano il Regno Unito rispetto a quelle della City, così da rendere quest’ultima un porto sicuro per banchieri e finanzieri che volevano operare frodi senza rischiare di essere puniti dalla legge.

Il secondo elemento che fece decollare il successo della City, fu certamente la segretezza: dalla City venivano istituite filiali offshore nei Territori d’Oltremare dell’ex Impero Britannico allo scopo di attirare capitali da tutto il mondo.

Stemma della Corporazione della City di Londra – Concessione Creative Commons License Copyright Ian Capper

ATTO III: IL TRUST

La vera svolta nella gestione della finanza offshore, fu determinata dall’utilizzo del sistema di trust.

Per capire meglio di cosa si tratta, vi porto un esempio. Tutti conosciamo il segreto bancario svizzero: se depositi soldi in Svizzera, possiedi conti o beni, la legge ti tutela e ti sarà possibile nascondere tali possedimenti.

Il trust è il livello successivo.
Secondo la leggenda, il trust nacque al tempo dei Crociati, quando i soldati, dovendo andare molto lontano da casa, lasciavano i propri beni in gestione a degli amministratori. Il disponente (Crociato) lasciava al un amministratore fiduciario (persona di fiducia) i propri beni, pertanto non li possedeva più, non doveva nemmeno pagarci le tasse, perché di fatto veniva eliminato il nesso tra bene e suo proprietario.

Non esiste un registro dei trust, pertanto chiunque può diventare amministratore di un trust e di questo accordo saranno a conoscenza solamente il disponente e l’amministratore fiduciario. Non c’è obbligo di registrare il trust, nessun obbligo di informativa finanziaria, nessun rendiconto annuale da pubblicare: sono accordi invisibili a tutti gli effetti.

Attualmente si stima che il mercato dei trust racchiuda oltre 50 trilioni di dollari (miliardi di miliardi, numeri con almeno 19 zeri), soldi (ma anche beni fisici, immobili, animali, auto, opere d’arte) che non appartengono ufficialmente a nessuno e che non sono tassati o tracciabili.

Ovviamente con i trust, il segreto bancario può essere serenamente abbattuto, in quanto ogni paradiso fiscale sarà ben disposto a rendere noto l’elenco dei propri correntisti ed i rispettivi beni, ma grazie al trust, il reale proprietario di tali beni resterà sempre oscuro.

Pensate ad una struttura ad albero, in cui ogni ramo, ogni diramazione, ogni radice rappresenta un trust fiduciario, ognuno di questi con sede in giurisdizioni fiscali diverse: è impossibile definire chi sia il proprietario di ogni foglia ed avere accesso a queste informazioni.

Panama Papers

ATTO IV: ED ORA?

Panama Papers è stato l’evento più “sconvolgente” nel mondo del trust, ma quali sono state le conseguenze?

Nessuna conseguenza! Anche una fuga di notizie così massiccia da Mossack Fonseca, quarto tra i maggiori studi legali offshore al mondo, non è riuscita a smuovere il sistema del trust, nè a svelare i reali possessori di immensi beni, ben nascosti all’interno di un sistema di società di trust con amministratori fiduciari.

A titolo informativo, gli altri nove studi legali offshore al mondo presenti nella top 10, sono tutti registrati nei Territori d’Oltremare, pertanto sufficientemente indipendenti da non poter essere regolamentati forzatamente dalla Gran Bretagna, ma non abbastanza da non subire le ingerenze della City di Londra e degli interessi finanziari che rappresenta.

Di fatto è la Gran Bretagna a designare i governatori ed altre figure di rilievo di questi paradisi fiscali, occupandosi anche delle relazioni internazionali e della difesa di questi territori, oltre ad avere la possibilità di porre il veto sulle loro leggi. Ovviamente le conversazioni più importanti sono condotte a porte chiuse, e senza alcun accordo scritto, ma semplicemente sorseggiando del tè durante una informale chiacchierata all’inglese.

Ad oggi gli Stati Uniti coprono circa il 19% del mercato dei servizi finanziari fruiti dai non residenti, mentre la sola Gran Bretagna con i Territori d’Oltremare detiene circa il 25% del mercato globale. Se a questo ultimo dato aggiungiamo anche il valore delle ex colonie, divenute relativamente da poco indipendenti (ad esempio Hong Kong, Dubai, Barhein, Singapore, Cipro) la cifra raggiunge quasi il 40% del mercato finanziario globale per i non residenti: questo è il Secondo Impero Britannico, la più grande potenza finanziaria al mondo.

La provenienza di una fetta consistente di queste ricchezze invisibili è imputabile all’Africa: siamo tipicamente spinti a pensare che il continente africano sia indebitato con il mondo, ma basti considerare che la sola Africa sub-sahariana nel 2008 aveva un debito di 177 miliardi di dollari, e che dal 1979 al 2008 le ricchezze che le élite di questi paesi hanno portato offshore sono oltre 5 volte tale debito. Numeri alla mano, non solo l’Africa non sarebbe in debito con il mondo, ma anzi, produce capitali che porterebbero il continente in situazione di elevato credito.
Di contro, l’esportazione di questi capitali offshore ha costretto gli stati africani a chiedere prestiti alle banche del Nord del mondo, per importi così imponenti da diventare impossibili da ripagare.

Nel 2015, su proposta dell’Ecuador all’ONU, diverse nazioni con economie emergenti hanno chiesto l’istituzione di un organismo fiscale su scala globale con maggiori poteri dell’attuale Comitato ONU per la Cooperazione Fiscale, ma furono proprio U.S.A. e Regno Unito ad opporsi alla proposta.

Corruzione, evasione, distruzione di intere economie emergenti sono solo alcune delle più evidenti cause della mancata regolazione fiscale mondiale dei flussi illeciti che caratterizzano il sistema di trust offshore.

Soluzioni proposte da John Christensen e Nicholas Shaxson per porre fine alle giurisdizioni segrete ed ai paradisi fiscali sono questi 5 semplici passi:
1. Impedire la stipula di contratti tra Amministrazioni Pubbliche e società operanti in paradisi fiscali;
2. Creare pubblici registri degli effettivi titolari di società, trust e fondazioni;
3. Istituire totale trasparenza su transazioni ed accordi fiscali segreti tra società e governi;
4. Rendere pubblica, nazione per nazione, l’informativa societaria delle multinazionali;
5. Introdurre scambio di informazioni automatico tra tutte le nazioni.

Fonti:
The Spider’s Web: Britain’s Second Empire – Michael Oswald
Treasure Islands: Tax Havens and the Men who Stole the World – Nicholas Shaxson
Britain and the world economy, British Journal of Politics and International Relations – John Christensen
The Missing Trillions: Offshore Secrecy and the Corruption Interface – John Christensen